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sabato 19 settembre 2015

NUOVO CAPITOLO DELLA SAGA DEL CUOCO MANCATO: UNA VERITA' (ACUSTICA) SUPERIORE

Quel razzetto che si infila in quella specie di V rovesciata mi sembra familiare. Che sia questa la Higher Truth di CC?


Torna con una nuova avventura in acustico il seatteliano preferito da questo blog.
Ma sarà un bel ritorno?
E soprattutto Chris Cornell se ne è mai veramente andato?
Certo non lo scoprirete qui, che piuttosto questa è una specie di recensione dell'ultimo disco.




Per evitare di fare figuracce tipo "quel vomito di disco che non oso nemmeno scrivere" stavolta il nostro Chris ha scelto come produttore Brendan O'Brien, un nome noto tra i fan dei Pearl Jam per aver prodotto tutti i dischi da Vs. in poi (anche quel capolavoro di No Code che prende a schiaffoni in faccia tutto il resto dei PJ, Ten compreso*) e tanti altri dischi tipo Blood Sugar Sex Magic dei RHCP e Superunknown dei Soundgarden (qui trovate una bella lista dei suoi lavori).

Per quel che riguarda la band, il disco vive quasi completamente sulla chitarra acustica e sulla voce di CC e su una batteria elettronica che a seconda della canzone è stata composta o da Cornell o da O'Brien. Non mancano sparsi per l'album corni, mandolini e pianoforti.

Chris ci mette la voce che alla bella età di 51 anni è ancora uno spettacolo e una serie di arrangiamenti che richiamano lo stile abbastanza minimale di Nick Drake (anche se ogni tanto al Nostro gli parte la mano e schitarra un pò troppo rock).
E qui nasce il problema del disco: Cornell ha di certo una voce migliore di Drake ma la scrittura e la composizione sono nettamente inferiori (per cui ad un certo punto mi è venuta in mente questa malata idea che CC dovrebbe coverizzare un intero disco di Nick Drake, magari il primo Five Leaves Left).

A parte ciò il disco scorre piuttosto piacevolmente, anche se l'impressione generale che ho avuto è che venga privilegiata la voce (come se fosse poco) a sfavore di arrangiamenti che forse erano nati per altro. Sensazione che si rende palese, almeno a me è successo, nella prima traccia Nearly Forgot My Broken Heart e nella conclusiva Our Time in the Universe che sembrano aver ricevuto un downgrade da versioni molto piu rock.
A chi non bastassero 12 tracce, esiste una versione deluxe del disco che contiene tre pezzi inediti (che non aggiungo nulla a quanto detto sopra) e un buon remix della dodicesima traccia.

Va detto che è un disco onesto (quanto? Indubbiamente più di "quel disco che ha lo stesso titolo di un noto film di Wes Craven" (no, non è Nightmare on Elm Street, anche se l'esperienza si avvicina) e sicuramente più di quella roba inutile che è King Animal) che non pretende di essere un capolavoro ma al massimo di farvi conoscere l'ennesima versione del Nostro Seatteliano preferito.

Chris Cornell da Seattle è tornato a fare musica dimenticando i soldi (che di quelli dovrebbe averne abbastanza) e la figa (che quella neanche se la deve procacciare)? Lo scopriremo nel prossimo capitolo delle mirabolanti avventure di un cuoco mancato.


«Ho davvero voluto creare qualcosa per tutte le persone che mi hanno supportato nel mio tour acustico… è una specie di lettera d’amore per loro»


*prima o poi lo faccio un bel post sui Pearl Jam in cui smerdo il pur bello ma molto sopravvalutato Ten per glorificare il troppo sottovalutato No Code, un disco che quasi prende a schiaffi pure Superunknown e In Utero. Quasi.

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